di Benito Comunian
Non ricordo esattamente l’anno, ma credo che fosse il 1965.
Era una bella giornata serena di primavera, il sole tiepido rendeva piacevole una leggera brezza che spirava da nord. Sul piazzale antistante il capannone “Legnano”, l’attività di volo era appena iniziata: come al solito molto intensa, rumorosa, entusiasmante.
Io, e un collega, (ora non più tra noi), stavamo ritti sul mezzo antincendio, come equipaggio in servizio per quel giorno. Altri colleghi erano impegnati all’interno del capannone, intenti a eseguire le ispezioni periodiche e altre attività di manutenzione sugli elicotteri.
Un elicottero, della serie AB 47G, veniva spinto da tre specialisti all’esterno del capannone, per le prove post-ispezione delle 100 ore. Dopo circa 5 minuti, dall’avviamento del motore, il pilota ci fece segno con la mano, di avvicinarci e sederci su una traversa che collega i due pattini di atterraggio. Ci sedemmo, uno a destra e l’altro a sinistra, aggrappandoci con le mani al traliccio di coda.
In pochi secondi ci trovammo a una decina di metri dal suolo, così stimai l’altezza, in quanto con lo sguardo scoprii tutto il tetto del capannone. Quando atterrammo per nulla impauriti, ma sorpresi e divertiti, il pilota ci disse che la “prova di potenza” era andata bene.
All’epoca non c’erano ancora i ganci di ancoraggio dei pattini al suolo per tale prova, quindi, mi chiedo ancora se quella pratica fosse corretta. Questo è un breve ma significativo episodio, dei tempi pionieristici dell’Aviazione dell’Esercito di cui, noi anziani, siamo stati gli artefici nonostante le difficoltà superate con iniziative personali facendo squadra.
Una “grande famiglia” che è cresciuta con forza e professionalità, animata dalla volontà di migliorarsi continuamente e distinguersi senza pretese né personalismi, ma uniti in un unico progetto per dare all’Aviazione dell’Esercito, il merito che le è riconosciuto in seno alle Forze Armate; e non solo.
Oggi, noi anziani in quiescenza, siamo qui a guardare con entusiasmo l’operatività dei Baschi Azzurri impegnati in teatri un tempo impensabili.
Ricordo, sempre, che il copricapo azzurro è stato ideato e fortemente voluto dal 1° Corso V.A.S. di cui io ne facevo parte, “per non dimenticare”.