1972 Il giorno che conobbi Fabio Conti

di Marino Zampiglia

Un pomeriggio a cavallo degli anni ‘70 e ’80, all’interno di una officina sita in piazza Vittorio Veneto a Viterbo, aspettavo che il signor Mario, terminasse il lavoro sulla mia Fiat 500 rossa targata PS 143097; per ingannare l’attesa, la nostra conversazione, dopo aver toccato le problematiche più disparate, era finita sull’argomento che mi riguardava personalmente. A settembre, mi dovevo presentare alla Scuola Allievi Sottufficiali, per iniziare l’iter formativo che secondo i miei progetti, mi doveva consentire di diventare un militare dell’Esercito Italiano. La discussione, fu interrotta dall’ingresso nel locale, di una persona dall’aspetto distinto che la divisa, contribuiva a rendere ancor più elegante. “Colonnello – disse il signor Mario – cosa è successo?” Dal tenore del saluto compresi che colui che era stato chiamato colonnello, doveva essere un cliente abituale dell’officina cosa che mi fu confermata nel momento in cui, il meccanico mi presentò al colonnello come un altro suo cliente. Anzi, lo stesso signor Mario, riferì all’uomo in divisa, che di li a pochi mesi, sarei dovuto “entrare” alla SAS. L’uomo in divisa mi guardò negli occhi, quasi ad assicurarsi che quello che aveva detto il meccanico corrispondesse alla realtà. Poi, iniziò con una trafila di domande le cui risposte gli fecero comprendere che di militare, io non ne capivo nulla e non ne sapevo nulla di esercito, divise e specialità. Il Colonnello capì e cambiò subito argomento, mi parlò di volo, di piccoli e leggerissimi aerei, fatti di ferro e tela, che atterravano dovunque, anche sull’erba, di quanto era bello, vedere il mondo dall’alto; velocemente mi illustrò alcune nozioni di aerotecnica e aerodinamica. Farfugliando, cercai di far capire al mio illustre interlocutore, che io, avevo avuto una preparazione di studi classici, e non solo non ero mai stato a bordo di un aereo ma non ero mai stato in un aeroporto e di conseguenza, non avevo mai visto da vicino un mezzo che volava. Il colonnello, mi prese sottobraccio, mi fece salire a bordo della sua Ford ormai controllata e rimessa in ordine dal signor Mario e mi condusse in un posto, sulla via Toscanese dove erano parcheggiati due piccoli aerei. Ci si avvicinò un signore non molto alto, dal volto rassicurante, dagli occhi profondi e vispi, dal sorriso accattivante, che rivolgendosi al colonnello disse: “Comandante, è un altro dei nostri?” Non riuscii a capire cosa gli rispose il mio accompagnatore né tanto meno quello che si dissero, ricordo solo che in un batter d’occhio, mi ritrovai a bordo di uno di quei piccoli aerei, dietro quel signore che avevo appena incontrato e che si chiamava Fabio e… con un sacchetto in mano. Ricordo e ricorderò sempre cosa successe in quella mezz’ora (o un’ora?), che sconvolse e cambiò la mia vita. Fu un “tourbillon” di paura ed emozioni. Ogni tanto il signor Fabio, si girava verso di me, sempre con il suo volto rassicurante e sempre con quel sorriso accattivante. Una volta, però, quel sorriso, mi sembrò un po’ sornione infatti, l’aereo iniziò a salire scendere e ruotare più velocemente o, forse, era la terra che mi si allontanava e avvicinava e mi ruotava intorno. Appena tutto ritornò normale, Fabio si girò nuovamente verso di me, mi accorsi che i suoi occhi velocemente passarono dal mio volto alle mie mani che stringevano un pezzo di carta stropicciato e inservibile, mi sembrò di leggere sulle sue labbra un “bravo!”, poi tornammo a terra. Quando non sentii più il rumore del motore e vidi l’elica ferma, il colonnello si avvicinò e il signor Fabio: “comandante, il giovane non ha fatto una piega, non ha usato il sacchetto, sarà uno dei nostri!” Il colonnello Enzo De Micheli, perché di lui si trattava, spingendomi con ulteriori appassionanti e convincenti argomenti a scegliere di diventare un sottufficiale dell’Aviazione Leggera dell’Esercito mi ricondusse in piazza Vittorio Veneto, dal Signor Mario che nel frattempo, aveva rimesso in vita la mia Fiat 500 rossa targata PS 143097. Quel signore affabile, che così inaspettatamente, mi portò per la prima volta in volo, con un sacchetto non utilizzato in mano e che poi conobbi come il maresciallo Conti, fu il mezzo usato dalla Provvidenza per indirizzare la mia vita lungo una strada passionante, ricca di soddisfazioni e piena di fascino. Grazie Fabio anche a nome della mia famiglia e a nome di tutti quelli che come me, da te hanno “ricevuto” il dono e il coraggio di volare!