1985 Una missione particolare

di Giovanni Tonicchi

Il reparto aveva ricevuto la richiesta, da parte del Quartier Generale ONU di Naqoura, di effettuare una missione di volo, a favore del distaccamento della Croce Rossa Internazionale della vicina città costiera di Tiro, consistente nell’usare l’elicottero AB 205 come gru per sollevare dal terreno gli elementi del traliccio metallico, e di sovrapporli uno sull’altro. Sulla sommità del traliccio stesso si sarebbe posizionata un’antenna radio

Il compito era decisamente impegnativo per l’equipaggio dell’elicottero che, non essendo dotato di un sistema di volo stazionario fuori effetto suolo automatico, doveva essere pilotato millimetricamente per far combaciare i fori di un elemento da sovrapporre con i perni di quello già sistemato; anche il personale che avrebbe provveduto al fissaggio dei vari elementi fra di loro, sottufficiali TMA dello squadrone, non avrebbe avuto vita facile nello stare a diversi metri da terra assicurati al traliccio con delle cinture di sicurezza per avere le mani libere di spostare adeguatamente i quattro travi del castello per far combaciare perni e fori.

Per pilotare l’elicottero scelsi il mar. magg. “A” Carnemolla come 1° pilota, in quanto più anziano ed esperto del reparto, mentre io occupai il posto di sinistra in qualità di comandante di aeromobile; il personale di terra era composto da un “capo squadra”, il mar. magg. “A” TMA Florio Bianchi, il serg. magg. Mario Mastrogregorio ed un altro collaboratore (di cui, mea culpa, non ricordo il nome) mentre i contatti radio terra-bordo erano assicurati dal ten. col. P.O. Giovanni Wick.

La missione ebbe inizio il sabato mattina e, dopo un volo di pochi minuti da Naqoura a Tiro, prendemmo terra nei pressi dell’incastellatura da montare e di cui era stato già preparato da tempo il basamento di cemento.

Osservando i pezzi metallici da sistemare (tre, ognuno dei quali lungo circa cinque metri) a prima vista ci sembrò un lavoro semplice che si sarebbe potuto sbrigare in poco tempo; rapido conciliabolo con gli operatori e messa in moto dell’elicottero, aggancio del primo elemento, breve circuito di volo per saggiarne il peso e la rispondenza della macchina e quindi avvicinamento al punto di aggancio ed abbastanza facile messa in opera.

Rapido circuito per scaricare la tensione nervosa accumulata (la mia, perché Carnemolla non aveva fatto una piega) e poi di nuovo a terra per l’aggancio del secondo elemento; operazione abbastanza rapida, ridecollo, altro circuito, avvicinamento e….inizio dei guai.

Il posto in cui ci trovavamo era situato a poche decine di metri dal mare e, con il passare delle ore, un discreto vento di prua aveva cominciato a spirare con tendenza a rinforzarsi; la manovra di portarsi in hovering (ormai ad una quindicina di metri da terra) si faceva ardua ed i tentativi di sovrapporre con esattezza i due pezzi sempre più impegnativi.

Come Dio volle comunque anche questa volta Carnemolla riuscì a far combaciare fori e perni ed anche il secondo elemento fu messo in sede; le ore erano passate velocemente ed ormai era ora di rientrare per rifornire l’elicottero e far riposare gli uomini rimandando al giorno successivo il termine della missione.

Durante il volo di rientro però mi si cominciarono a porre degli interrogativi sui rischi ai quali andavamo incontro: ….e se si fosse sganciato accidentalmente il carico (non sarebbe stata la prima volta che il gancio elettrico del “205” funzionava difettosamente) proprio mentre eravamo sopra gli uomini? ….e se uno di questi si fosse staccato dal traliccio cadendo nel vuoto?….avevo il diritto di mettere a repentaglio la vita di qualcuno solo per l’orgoglio di portare a termine un lavoro che, tutto sommato, esulava dai compiti operativi assegnati alla Squadrone?

Insomma, trascorsi la classica notte dell’Innominato dei Promessi Sposi e, il mattino successivo, mi ritrovai a far colazione con i collaboratori che, apparentemente, di questi dubbi non erano stati nemmeno sfiorati.

Comunque, messa in moto e via per Tiro.

All’arrivo trovammo una situazione meteo non favorevole con copertura bassa e robusto vento al traverso; comunque sia, aggancio del terzo elemento e via in volo con il Carnemolla sempre serafico ed io sempre più preoccupato.

Arrivati sul punto di aggancio le cose si ingarbugliarono perché, a causa dell’altezza da terra era più difficile mantenere un riferimento per arrestare l’elicottero su punto esatto e, in aggiunta, il vento faceva oscillare il carico con conseguente fitto conciliabolo via radio fra Wick e me a base di “avanti dieci centimetri…indietro cinque….a sinistra leggermente…dieci gradi di prua a destra…abbassatevi di venti centimetri….etc.).

Attraverso il trasparente posto sotto la pedaliera vedevo il gruppo degli imbracati al traliccio che facevano gesti disperati per afferrare le estremità dell’elemento da sovrapporre che, dispettosamente, non voleva saperne di assecondarli mentre anche Carnemolla cominciava a sudare.

Decidemmo quindi di fare un altro circuito per riprendere fiato e rieccoci sul punto con le difficoltà che, anziché ridursi, si erano accentuate per via della stanchezza di tutti.

A quel punto dissi: basta….riportiamo il pezzo a terra e che si affittino una gru per metterlo in posa…non me la sento di rischiare che qualcuno si faccia male per non avere il buon senso di rinunciare e portare a termine la missione.

Reimbarcati gli uomini, che non mi parvero per niente contrariati, ritornammo a Naqoura con le “pive nel sacco” ma con la sicurezza, per tutti, di poter dormire una notte tranquilla.

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