1997 Il privilegio di stargli vicino

di Giacomo Dal Pozzolo

“BEIRUT. Con una cavalcata in elicottero alla Apocalypse Now, sullo sfondo del sole calante, Giovanni Paolo II ha concluso la sua visita in Libano. Quattro elicotteri lo hanno scortato rombando dal monte Bkerké, sede della nunziatura, all’ aeroporto della capitale. Anche vecchio, Karol Wojtyla si muove in un’ aura di spettacolarità…” così scrive Marco Politi su La Repubblica del 12 maggio 1997.                                                                                                                      

Può darsi che, visto da terra, quel volo assolutamente tranquillo avesse un che di epico e spettacolare; visto da bordo, invece, era soltanto la conclusione di una missione unica, irripetibile, fonte di straordinarie emozioni e, perché no, di orgogliosa soddisfazione. La particolarità del contesto ambientale territoriale, la preoccupazione di non far sfigurare l’Italia di fronte ad una platea così vasta e, soprattutto, l’aura di santità del Passeggero, hanno provocato in tutto il personale di Italair un coinvolgimento emotivo straordinario, per certi versi molto più marcato nella fase di organizzazione/preparazione della missione che durante il volo, quando è meglio metter da parte le emozioni e mantenere la necessaria concentrazione. Forse per questo, tutto quanto è successo in quel periodo è diventato indimenticabile…                    

A partire da quel giorno di febbraio in cui l’Ambasciatore d’Italia mi pone la fatidica domanda: “Sareste in grado di portare in volo il Papa?” ed io non riesco a nascondere la sorpresa e al tempo stesso la speranza che l’evento si avveri. La richiesta, al momento in forma ufficiosa e riservata, è pervenuta direttamente dal Governo libanese e si giustifica essenzialmente per ragioni di sicurezza. In altre parole, gli equipaggi italiani sono considerati più esperti, gli elicotteri più efficienti ed affidabili e, targati ONU, sarebbero meno esposti ad azioni ostili: la visita in Libano, inizialmente programmata a fine ’95 è stata posticipata proprio per il timore di attentati. La collaborazione di tutti gli effettivi, specie del personale tecnico, ma non solo, è totale ed entusiasta; anche chi, per questioni di incarico, non è direttamente coinvolto o si professa apertamente non credente, posticipa volontariamente il proprio periodo di licenza, consapevole dell’eccezionalità dell’evento che potrebbe aumentare il prestigio che Italair si è conquistato per merito di quanti ci hanno preceduto in ambito UNIFIL.

Ed a proposito di prestigio, come dimenticare la delusione evidente sul volto e nelle parole del comandante del reparto elicotteri libanese? Nella circostanza si unirà alla nostra formazione con altri 6 elicotteri. Concordiamo per bene le procedure comuni, le comunicazioni radio, la successione degli atterraggi/decolli; il massimo che posso concedere è che un elicottero libanese ci preceda facendo (dando l’impressione di fare) da guida.                                                        

In dirittura finale,in una lettera di poche righe, il Force Commander scrive che per il periodo 10 -11 maggio, UNIFIL restituisce al Governo Italiano 3 elicotteri. E arriva il pomeriggio del giorno 9 maggio. Togliamo dai portelloni dei 3 elicotteri “italiani” la sigla UN per sostituirla con la scritta Italair affiancata da una bandiera italiana autoadesiva. É tale l’entusiasmo per questa iniziativa, che non si contano le foto ricordo e qualcuno manifesta tutto il suo orgoglio scrivendo il proprio nome sulla portiera dell’elicottero su cui l’indomani sarà 1° pilota. E’ questo il caso del ten. Giuseppe Parisi: nella foto che tengo nel mio studio, è leggibile sulla porta dell’ EI 255 l’appellativo “Pippo” con cui era affettuosamente chiamato e con cui è ancora dolorosamente ricordato dopo il tragico incidente in volo in cui ha perso la vita la notte del 6 agosto ’97 assieme ai colleghi ed amici cap. Antonio Sgro, mar. ca. Massimo Gatti, appuntato Daniel Forner e l’irlandese serg. John Lynch. La mattina di sabato 10 maggio gli equipaggi sembrano impazienti di decollare, chi resta alla base sembra guardarci con comprensibile benevola invidia. Lo spazio aereo libanese è aperto solo per l’aereo dell’Alitalia e per noi fortunati. La giornata è caldissima. Quando il Papa, dopo l’accoglienza all’aeroporto con gli onori e i discorsi di rito, il lento attraversamento della città tra due ali di folla sotto un sole cocente, il colloquio col Presidente della Repubblica libanese, viene accompagnato al nostro parcheggio appare tremendamente affaticato ed accaldato, ma ripaga con uno stanco sorriso il mio saluto militare e con una vera ed inattesa stretta di mano l’accenno a baciargli l’anello. Cerco di dominare l’emozione aiutandoLo a salire a bordo, operazione difficoltosa nonostante la scaletta. Un cenno al pilota già pronto ai comandi, avviamento e decollo immediato. Mi giro all’indietro con un po’ di apprensione: il Pontefice, più che seduto, è accasciato nella stessa posizione assunta nel salire a bordo occupando almeno due sedili, la cintura è slacciata; il decano degli specialisti, in ginocchio davanti a Lui quasi a proteggerLo, sembra in adorazione e tiene il portellone leggermente aperto per far entrare aria più fresca. In vista di Bkerke, località sulle alture poco lontane dalla capitale, gli elicotteri libanesi ci sfilano davanti per scaricare per primi i loro passeggeri e lasciare subito libera l’area d’atterraggio antistante la residenza del Patriarca Maronita. Aspettiamo che si fermino le pale prima di far scendere il Santo Padre che attende pazientemente e poi si lascia docilmente aiutare appoggiandomi una mano sulla spalla: se la precedente stretta di mano mi ha emozionato, questo gesto così umanamente spontaneo mi commuove e nello stesso tempo mi mette a mio agio; tanto che al Suo “Grazie comandante”, mi viene naturale dire, seppure con un leggero imbarazzo: “Santità, torniamo a prenderLa domani mattina” e Lui, con un sorriso scherzoso quasi di complicità, segno che si è decisamente rinfrancato: “Vi aspetto qui… mi raccomando!” Domenica 11 maggio ancora tre brevi voli col nostro eccezionale Passeggero; siamo ancora tutti emotivamente molto coinvolti per la maestosità ed al tempo stesso l’umiltà di questa Figura che, nonostante i molteplici voli in tutto il mondo, segue amabilmente i nostri consigli e si lascia tranquillamente aiutare. Nei pressi del porto l’evento più atteso della giornata richiama una moltitudine sterminata; dato che sono circa il 40% della popolazione, pare che i cristiani del Libano siano tutti qui a manifestare il loro entusiasmo. Ne abbiamo una prova evidente anche dopo la celebrazione della Santa Messa quando, al decollo, sfiliamo a fianco di quella massa di persone che sta defluendo dal luogo del raduno e si ferma rivolta verso gli elicotteri ma certamente ha occhi soltanto per Lui, ben riconoscibile nel suo abito bianco accanto al finestrino: è tutto uno sventolio di bandiere col Cedro del Libano ed i colori del Vaticano, una ola di gioia e di gratitudine. Una volta atterrati a Bkerke, mentre aspettiamo che si fermi il rotore, Gli dico che saremmo felici se, come da tradizione, lasciasse sul nostro giornale di bordo un segno del Suo passaggio. La risposta è tutta nel gesto immediato di prendere la stilografica; sulla Parte I del libretto di volo, su una riga dello spazio riservato ai nomi di chi sta a bordo, con bella e minuta grafia scrive diligentemente Johannes Paulus II 11.V. 97 . No, non è proprio una firma veloce e scarabocchiata come quelle che talvolta siglano parole di circostanza, è piuttosto un gesto che esaudisce con semplicità e benevolenza il nostro desiderio. È così che i nomi dell’equipaggio su quel foglio fanno ora da cornice al Suo nome e qualche copia di quella pagina viene gelosamente conservata come prezioso ricordo quasi possedesse la sacralità di una reliquia. Dell’ultimo volo, quello di trasferimento all’aeroporto di Beirut poco prima del tramonto, non ricordo nessuna “cavalcata alla Apocalypse now”, ma soltanto la disponibilità del Santo Padre verso i nostri colleghi libanesi che, onorati e fieri di averLo scortato, sono però dispiaciuti di non aver avuto la possibilità di renderGli omaggio ed hanno espresso il desiderio di porgerGli il loro saluto di persona. Dimostrando di non tenere in alcun conto l’evidente stanchezza, al sottoscritto che fa da tramite risponde senza esitazione “Organizzi lei”. Mi è facile immaginare la gioia ed al tempo stesso l’ansia dei libanesi che ci sorpassano, lasciando dietro solo uno di scorta, per atterrare direttamente davanti ai loro hangar, piuttosto fuori mano, e sono costretti ad affrettarsi per raggiungere in tempo la zona riservata a noi nei pressi dell’aereo della MEA che lo riporterà a Roma. Ritto in piedi su una piccola pedana di legno, ci saluta attendendo pazientemente l’arrivo degli altri: è uno spettacolo commovente, per ognuno un sorriso ed una stretta di mano sicuramente percepita come una carezza. Sappiamo per certo che almeno metà sono musulmani ma, poiché tutti hanno gli occhi lucidi, la differenza non appare se non nell’atto di taluni di chinarsi per baciare l’anello. Quando in fila non c’è più nessuno, tento di dire qualche parola di saluto ed augurio, ma mi precede con un umile “grazie a tutti” che mi lascia senza parole, e si dirige verso l’aereo che pochi minuti dopo decolla. Possiamo ora rientrare in volo notturno alla nostra base dove tutto il personale ci attende curioso di conoscere i dettagli di questa originale missione compiuta con successo, ma soprattutto le impressioni e le emozioni che abbiamo vissuto: e così si formano capannelli in cui ognuno dei “fortunati” racconta la sua citando ciò che maggiormente l’ha colpito. Ma la giornata non è ancora finita, da domani si torna alla consueta attività: oltre ad ispezionare i mezzi dobbiamo ripristinare le scritte U.N. rimuovendo quella bandiera italiana adesiva e quella scritta Italair che forse nessuno ha notato ma che ci ha ricordato in ogni momento l’imperativo di tener alto il nome dell’Italia. Ho avuto la fortuna di essere nel posto giusto al momento giusto per vivere questa meravigliosa, emozionante, straordinaria esperienza e godere del privilegio di starGli vicino, anzi, volare con un Santo. Sono orgoglioso e felice di essere stato, assieme e grazie a tutti indistintamente gli uomini di Italair, credo e spero, all’altezza di un compito indimenticabile