2009 L’AVES in soccorso dei terremotati d’Abruzzo

di Filippo Macaluso

Un lunedì mattina come tanti altri, mi sveglio presto per giungere al reparto prima del normale orario lavorativo, devo prendere visione delle condizioni meteo e dei Notams per l’esecuzione della missione di collegamento già programmata.

Mentre mi dirigo all’aeroporto, un messaggio della mia ragazza mi porta a conoscenza del terremoto avvenuto in Abruzzo nottetempo.

La situazione mi appare subito seria, le notizie frammentarie parlano di un considerevole numero di vittime e di ingenti danni ai centri abitati; qualcosa mi suggerisce che non sarà una giornata normale.

Infatti appena arrivo al reparto scopro che tutte le attività di volo previste sono cancellate, c’è fermento e agitazione, i telefoni squillano incessantemente ed ecco l’ordine: effettuare una ricognizione sull’Aquila e zone limitrofe, atterrare sull’aeroporto e rimanere in attesa di disposizioni.

L’equipaggio rimane invariato, io secondo pilota, il magg. Massimiliano Spaziani comandante di aeromobile, luogotenente Ettore Isidori tecnico di bordo e in aggiunta il magg. Guido Bulsei incaricato di effettuare foto aeree e una volta a terra di prendere parte nella sala operativa interforze all’uopo costituitasi. Assunto nominativo SAR “RILG”, cambiata la configurazione dell’aeroplano da trasporto personale a trasporto feriti in pochi minuti, decolliamo. In meno di venti minuti sorvoliamo la zona, un vero disastro, ma non ci si può permettere di distrarci in quanto il traffico di aeromobili in volo è molto intenso. Terminata la ricognizione ci portiamo all’atterraggio, siamo il primo aereo atterrato all’aeroporto di l’Aquila-Preturo, sulle piazzole sono già presenti un AB 412 del 1° rgt. “Antares”, un AB 412 e un HH-3F dell’Aeronautica militare ed un EH-101 della Marina militare. Il magg. Bulsei sale in torre, noi rimaniamo presso l’aereo; la temperatura è mite, il tempo buono e il vento calmo: nessuna limitazione per attività volativa. Dopo circa un paio d’ore di attesa il magg. Bulsei chiama al cellulare il magg. Spaziani comunicandogli l’arrivo a breve delle ambulanze. Ed ecco spuntarle dall’altra parte della pista, si avvicinano, scende il personale medico e ci informa delle condizioni dei pazienti trasportati: non sono in fin di vita, ma comunque in gravi condizioni, si deve prestare molta attenzione nel trasferirli sull’aereo. Per trasportare con più sicurezza e meno sofferenza i feriti li adagiamo sulle barelle dell’aereo smontate e poste a terra, successivamente entriamo a bordo del Dornier. Il velivolo, non è molto ampio dentro, cosicché all’interno dello stesso siamo io ed Ettore a portare le barelle e a fissarle nell’apposito sito sotto indicazione di Spaziani. Una volta completato il caricamento, stanco e sudato, senza perder tempo mi metto ai comandi e inizio a procedere con i controlli previsti. Salito il comandante di aeromobile mettiamo in moto e decolliamo, destinazione Pescara. Durante la navigazione cerchiamo di scegliere un percorso e una quota che garantisca la minore turbolenza possibile, al fine di limitare il dolore ai trasportati, già accusato durante il caricamento e manifestato da urla e lamenti. Valicate le montagne che circondano l’Aquila iniziamo molto lentamente la nostra discesa, la pista di Pescara è in vista e a circa venti miglia dalla stessa siamo già autorizzati all’atterraggio. Giunti al suolo spegniamo i motori e subito incominciamo a provvedere a sbarcare i trasportati. Terminata questa operazione ci concediamo un panino “al volo” senza dimenticare di prenderne degli altri per il personale rimasto all’Aquila, dopodiché rientriamo. L’afflusso delle ambulanze non è terminato, è il turno degli altri aeromobili militari al termine del quale tocca nuovamente a noi. Trasportiamo sempre a Pescara sei persone su barella e due feriti non gravi che possono stare seduti, questa volta però ce n’è uno veramente in gravi condizioni al quale abbiamo applicato l’ossigeno, ma fortunatamente non ci sono complicanze volo durante. Al ritorno all’Aquila troviamo l’altro Dornier con un altro equipaggio che veniva a darci il cambio, passiamo loro il “testimone”, con la certezza che la profusione dell’impegno del servizio sarà la medesima.

E’ ormai prossimo il tramonto, rientriamo a Viterbo, la stanchezza del volo e dell’attività svolta si fa sentire subito una volta atterrati, tanto che la sera non esito un momento ad andare a letto dopo cena, ma nonostante la fatica non è semplice prendere sonno velocemente, poiché ho ancora in testa quelle immagini di distruzione e disperazione. Nonostante ciò la soddisfazione di aver materialmente aiutato queste persone e l’orgoglio di appartenere all’Aviazione dell’Esercito è enorme in quanto ancora una volta la nostra specialità, come in precedenti situazioni di calamità, è riuscita ad essere vicina materialmente e moralmente alla popolazione garantendo in maniera tempestiva ed efficace un supporto logistico ad ampio spettro e dimostrando elevate capacità di adattamento alle circostanze.

E’ doveroso altresì spendere un riconoscimento al gruppo di volo cui appartengo e in particolar modo al buon caro vecchio Dornier, che allo scopo ha mostrato tutta la sua versatilità prestando un valido e significativo aiuto alle persone trasportate non finendo di stupire neanche gli anziani equipaggi. A tal proposito è doveroso sottolineare come il Dornier sia un componente prezioso ed importante all’interno della flotta dell’Aviazione dell’Esercito, il cui impiego può sicuramente essere ampliato a tipologie di missioni differenti sia in territorio nazionale sia in teatro operativo.