2010 Una missione da non dimenticare

di Sandro Rossini

Il gennaio 2010 l’Italia stava sperimentando un periodo in cui Giove Pluvio mostrava il meglio di se con eccezionali piogge che causavano inondazioni, esondazioni, tracimazioni. In particolare la situazione in Toscana faceva presagire possibili richieste di intervento di elicotteri AVES da parte del dipartimento protezione civile. Da giovedì, con il fine settimana in arrivo, previdenti prima che obbedienti, si pensò di preallertare una serie di equipaggi che fossero in zona, reperibili senza troppi giri di telefonate. Mai cosa fu più azzeccata. Il caso volle che alla mezzanotte di venerdì arrivasse la chiamata a casa con la richiesta di presentarsi in base il mattino successivo prima dell’alba pronti ad un rischieramento fuori sede per qualche giorno. Alla domanda: dove? La risposta stupiva non poco: … Albania!

Si tratta di uno scherzo? Niente scherzi, ma una reale richiesta del governo albanese. Era stata richiesta, infatti, al governo italiano la disponibilità di elicotteri medi per alcuni giorni per poter risolvere l’emergenza verificatasi per una alluvione nel nord ovest del paese. In pratica, mentre si era mentalmente predisposti per operare su un territorio italiano, la zona di intervento si trovava spostato di circa 600 km più ad est. Al mattino successivo prima dell’alba, sotto un diluvio incredibile, l’hangar illuminato a giorno era tutto un brulicare di personale e di materiali. Due elicotteri CH47 spostati durante la notte dal loro parcheggio sulle piazzole esterne, subivano pazientemente gli “assalti” del personale che li predisponeva per effettuare la missione. Tra una pre-volo, un controllino a quella immancabile goccia d’olio che esce da chissà dove e che tanto caratterizza il lavoro degli specialisti di Chinook, la stiva degli elicotteri accoglieva tutti i materiali che, in apparente casuale sequenza, venivano posizionati nei pressi della rampa di carico. Finalmente tutti pronti e, diluvio a parte, si poteva decollare. Siamo poco più di tre equipaggi completi perché, con lungimiranza, dall’ufficio operazioni sono stati inseriti piloti e capo velivoli di rinforzo oltre ad una piccola squadra di manutenzione per fronteggiare qualsiasi evenienza e assicurare il coordinamento a terra. Con il sottoscritto capo missione e l’amico Giampaolo Rapposelli come copilota, possiamo dare inizio alle operazioni di volo. Il trasferimento si effettua sotto pessime “condimeteo” ma, grazie all’esperienza, non disgiunta da un pizzico di fortuna, alla fine riusciamo ad arrivare in tempi rapidi. All’atterraggio su Tirana troviamo ad attenderci sul piazzale il personale della nostra ambasciata con in testa l’addetto militare: ci riferiscono che hanno già organizzato i primi contatti con le autorità locali e che i responsabili del coordinamento delle operazioni ci attendono su un aeroporto militare al nord. Mentre alcuni provvedono al rifornimento, altri fanno spazio nel vano di carico di uno dei velivoli, scaricando parte dei materiali di supporto che avevamo portato per fronteggiare qualsiasi cosa e cominciamo il lavoro.

Con il segretario del ministro degli Interni albanese ed il generale responsabile delle operazioni di soccorso, facciamo subito il punto di quanto ci viene richiesto e stabiliamo una scaletta delle operazioni e dei trasporti di più urgente esecuzione. Subito dopo, con una ricognizione in volo della zona delle operazioni, ci viene mostrato quali siano le zone ritenute degne di maggior attenzione. La situazione che troviamo è veramente preoccupante: chilometri di campagna si sono trasformati in laghi e paludi fangose. Quelli che erano campi su cui brucavano pecore e cavalli ora sono stagni per trote e carpe. Assistiamo anche all’incredibile visione di alcuni cavalli che, con l’acqua fino alla pancia, se ne stanno immobili nel centro dei laghi che si sono creati, lontanissimo da case o stalle, come se stessero aspettando qualcuno a soccorrerli. Anche durante la ricognizione le “meteo” sono pessime. Lampi, fulmini, forte vento e pioggia ci avvolgono e dobbiamo procedere virando continuamente ed abbassandoci a volte a pochi metri da terra per poter mantenere condizioni VMC. La notte ci arriva quasi di sorpresa alle spalle, complice la differenza di fuso orario e le condizioni meteo avverse. Mettiamo mano ai visori NVG, che avevamo già predisposto e possiamo ritornare tutti in piena sicurezza a Tirana. Sulla valle di Tirana ci sono ancora alcuni forti temporali ma la carta di navigazione ci riporta alla mente alcuni punti sul terreno ben riconoscibili che, anni indietro durante la missione “Pellicano”, ci servivano da cartello stradale per ritrovare la strada di casa quando si doveva ritornare a tarda sera. A quei tempi non avevamo gli NVG con i quali riusciamo a vedere nel buio; ci rendiamo conto di quanto eravamo indietro o meglio, di quanto siamo avanti oggi. Il controllore di torre di Tirana si agita molto alla radio cercando di comprendere chi è che lo sta contattando e quanti problemi potrebbe creargli questo aeromobile che sta arrivando nel buio della notte e senza seguire procedure IFR: una procedura IFR gli renderebbe tutto molto facile con queste meteo. Ma tutto procede come previsto, la pista ci appare davanti con le sue luci allineate ad aspettarci e, come un treno alla stazione, quei binari di luce in terra ci guidano al parcheggio. La stanchezza si fa sentire per tutti e una volta preparati gli elicotteri per passare la notte in sicurezza, possiamo trasferirci in città per trovare alloggio, farci una doccia e mettere sotto i denti qualcosa. Presi dall’emergenza ce ne eravamo dimenticati ed il pasto normale era stato sostituito dal “panino tattico” sempre a diposizione del soldato previdente. La notte in hotel passa anche troppo rapidamente e l’alba del giorno dopo ci vede nuovamente su un automezzo diretto verso l’aeroporto di Tirana mentre discutiamo sull’organizzazione dei lavori.

In aeroporto iniziamo le operazioni: controllare l’efficienza dell’elicottero, recarsi al servizio meteo per gli ultimi aggiornamenti e occuparci dei coordinamenti con le autorità albanesi per ricevere le ultime novità sui trasporti da effettuare. Poco dopo arriva la gradita sorpresa di 4 ufficiali albanesi che, in perfetto italiano, ci salutano e si mettono a disposizione per tutte le nostre esigenze. Una vera manna dal cielo. Facciamo subito conoscenza e scopriamo che sono una parte del gruppo di piloti che pochi mesi prima aveva fatto il corso presso il Centro addestrativo AVES di Viterbo: ci affiancheranno armati di cellulare con i numeri di quelli “che contano”, tanta voglia di fare e, cosa graditissima, una buona conoscenza della zona d’intervento. Il primo appuntamento è su un aeroporto al nord rimasto mitico nei nostri ricordi della missione Pellicano: era costruito vicino ad una collina dove c’era un tunnel in cui venivano ricoverati i MiG dell’aviazione albanese pronti al decollo ed era, a quei tempi, assolutamente proibito anche solo da avvicinare. Al nostro arrivo su questo aeroporto ci portano proprio dentro quel tunnel e scopriamo che le cose che si dicevano erano reali. Ancora c’erano aerei parcheggiati dentro e soprattutto tonnellate di derrate alimentari e tende da distribuire nei paesi colpiti dalle alluvioni. Da questo momento iniziano le attività con una serie di operazioni di carico, volo e scarico negli spot di atterraggio individuati nei villaggi allagati. Troviamo, come sempre, nelle persone che ci aspettano una luce mista di dignità e di sentimenti di ringraziamento. Ogni villaggio che vai a trovare ha la sua piccola storia: c’è quello che ha dovuto aprire le scuole per sistemare le famiglie che avevano le case allagate, quello che ha aperto la chiesa, quello che invece ha avuto fortuna di non essere allagato ma che si ritrova isolato poiché tutte le vie di accesso sono sommerse. In tutti però troviamo almeno due o tre abitanti che parlano benissimo italiano, bambini compresi. Scopriremo poi che in moltissime case ci sono le TV sintonizzate sui canali televisivi italiani. Troviamo anche un’altra cosa che ci fa piacere: ogni giorno incontriamo tanti giornalisti di testate europee che si stanno interessando ai soccorsi ed a quello che stiamo facendo noi con i nostri elicotteri con la bandiera italiana ben in vista.

Ogni giorno è un delirio di materiali da caricare, persone da trasportare e necessità a cui dover far fronte: trasportiamo di tutto. Il secondo giorno, arrivati alla sera pronti per rientrare su Tirana mi viene a chiamare uno degli ufficiali Albanesi che ci aiutavano nel coordinamento e mi passa il suo cellulare: dall’altro capo del telefono c’è il ministro della difesa albanese. Emozionato rispondo. In ottimo italiano mi chiede un favore personale per sopperire ad una emergenza. Il villaggio di Velipoje, sulla costa quasi in vista dell’Italia, è rimasto isolato e ci sono alcune famiglie che hanno dovuto abbandonare le loro case con bambini piccoli che saranno costretti a passare la notte all’addiaccio. Noi siamo l’unica soluzione ma dobbiamo organizzare il trasporto con la notte ormai imminente.

La risposta è scontata e cominciamo subito a caricare tende e generi di prima necessità per le famiglie. Decolliamo col buio, visori NVG ben calzati, ed andiamo a cercare questo villaggio sulla costa. Moltissime persone incredule ci festeggiano quando, nel buio nero, che più nero non si può, atterriamo nel piazzale di fronte alla chiesa locale. Ci viene incontro per primo il parroco, anche lui ex studente in Italia, e con le lacrime agli occhi ringrazia per l’insperato aiuto. Il miglior grazie me lo dà una mamma con un bambino molto piccolo che sarebbe stata costretta a trascorrere una notte chissà dove. Una lampadina tascabile che stavo usando per far luce nell’interno dell’elicottero illumina per un attimo il suo viso e quello del bimbo che stringeva al petto: due sorrisi che scaldano il cuore.

Il terzo giorno rimaniamo sconcertati nel vedere il carico che ci presentano pronto per il trasporto: un camion stracarico di fieno. Anche le mucche hanno le loro urgenze e così il capiente vano di carico del CH 47 si trasforma in “rimorchio agricolo volante” carico di balle di fieno: la foto è di rito poiché se è pur vero che il Cino ha trasportato di tutto è altrettanto vero che nessuno aveva mai visto un “Chinook fienile”.

Dopo quasi 10 giorni di lavoro svolto in queste condizioni il risultato si vede anche nei numeri: oltre 40 ore di volo, 100 tonnellate di materiale trasportato, oltre 500 persone evacuate.

Il giorno della partenza il Primo ministro albanese, di fronte alle “troupe” televisive europee, in perfetto italiano ci ringrazia definendoci “gli eroi che stanno salvando il popolo albanese”: forse troppa enfasi, ma ringraziamo e mettiamo il sincero apprezzamento nel cassetto dei ricordi.

Eroi forse si, ma per caso.

Oggigiorno la società sta attraversando un periodo di stanchezza morale per i suoi valori e si rende palpabile il pericolo di sconfinare in comportamenti che veicolano la bellezza del servizio verso ambiti utilitaristici in cui avanzano atteggiamenti di mero interesse personale.

Con gli uomini con i quali ho avuto il piacere e il privilegio di lavorare il prestigio della nazione Italia, della Forza Armata e della specialità AVES saranno sempre al primo posto!

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