6° Corso piloti osservatori

Ho realizzato un sogno della mia adolescenza: volare

di Sergio Fantoni.

Innanzitutto mi congratulo con il nostro Presidente Nazionale Sergio Buono per aver lanciato il progetto di arricchire la storia dell’AVES, invitando i piloti dei corsi “dell’altro millennio”, come entusiasticamente si esprime l’amico e collega del 4° Corso di Accademia Raffaele Alessio (Raff) e frequentatore del 7° corso piloti osservatori dell’Esercito, a raccontare un po’ di storia del loro corso e personale. In attesa di conoscere le esperienze dei corsi del terzo millennio, sarebbe bello ed auspicabile poter leggere il racconto di qualche frequentatore dei corsi precedenti il mio. Certo l’inesorabile scandire dell’orologio della vita sia biologica che anagrafica, potrebbe creare qualche impedimento. Con questa premessa non potevo non aderire alla presentazione del 6° corso piloti osservatori, il mio corso, particolarmente importante, perché fu l’ultimo corso accessibile anche ai capitani allo scopo di aumentare la disponibilità di comandanti di reparti di volo in corso di costituzione presso le Unità operative dell’Esercito e di personale da inserire nell’organico funzionale del C.A.A.L.E. nei vari settori interessanti la formazione di futuri piloti e specialisti e nella operatività del centro stesso. Come i precedenti corsi della specialità, anche il 6° corso svolse la prima fase della sua attività di volo sull’aeroporto di Roma Urbe. Il corso ebbe inizio nel mese di settembre 1954 e tutti noi allievi guardammo il cielo chiedendoci quando sarebbe giunto il momento del primo volo da “solista”. Grande fu l’emozione per me, quando l’istruttore, comandante Ramberti mi mise la mano sulla spalla pronunciando la seguente frase: “vada pure ad eseguire questi tre atterraggi, lei è nato per volare“. Aprendo il libretto di volo alla data 1 ottobre 1954 leggo: solista – decollo 09:33 – numero atterraggi 3 – ultimo atterraggio 09:54. Si era realizzata l’aspirazione della mia adolescenza quando con curiosità correvo ad ammirare l’arrivo, l’ammarraggio e il decollo dell’idrovolante che collegava quotidianamente la mia città, Ancona, con la città di Zara. Durante questa prima esperienza da solista, superando qualsiasi previsione, mi sentii rilassato e sicuro come un uccello che spicca il volo verso il cielo e con le ali aperte percepisce la portanza grazie al vento relativo che l’avvolge. Dopo il brevetto di pilota di aeroplano – prima fase, esame 26 novembre 1954, – la mia attività di volo ebbe termine il 17 dicembre 1954. Rivedo i volti dei colleghi entusiasti ed orgogliosi con la prima aquila sul petto, in attesa di trasferirci a Bracciano presso il C.A.O.A.A. dell’Esercito dove, sull’aerocampo di Monte dell’Oro, avremmo continuato la formazione per il conseguimento del brevetto di pilota osservatore. Questa seconda fase fu impegnativa e lunga – undici mesi – con un programma addestrativo di volo molto intenso, con lezioni di materie aeronautiche e di impiego operativo tale da consentirci anche di atterrare e decollare su campi corti… sempre più corti. Sento il dovere di ricordare gli istruttori di volo e gli insegnanti che con professionalità e generosità ci hanno condotto al traguardo. Voglio rendere omaggio agli istruttori di volo che con più frequenza mi hanno accompagnato nell’iter formativo e precisamente Stradiotto e Orsini. Alla cerimonia di chiusura del 6° corso fu il Capo di stato maggiore dell’Esercito, Generale Liuzzi, molto determinato a far nascere e progredire questa nuova specialità, ad appuntare sul petto di ciascuno di noi l’aquila con la fiamma; era il 9 novembre 1955. Del 6° corso vennero designati alcuni di noi idonei ad essere inseriti nel settore della formazione di piloti per aumentare la disponibilità di istruttori di volo in previsione del succedersi dei corsi con sempre maggior numero di allievi. Contemporaneamente altri colleghi andarono a completare gli organici dei reparti di volo già costituiti e da costituire presso i reggimenti e le G.U. dell’Esercito. Non potendoli nominare tutti, vorrei qui ricordare alcuni colleghi del 6° corso che mi vengono in mente: Martinengo, Frontero, Petri, Di Liberto, Zini, Porro, Strada, Loiacono, De Matteis, Castiello, Bottiglioni, De Mari, Fiorasi, Zuccari, Cavallero, Marsiglia, De Benedetti, Cuoghi, Ricca. Chiedo scusa agli altri ma tutti sono nel mio cuore perché vecchi amici che hanno vissuto con me la passione del volo.

Dopo un iniziale periodo quale aiuto-istruttore e istruttore di volo a Bracciano, il comandante Muscarà mi propose di essere assegnato alla prima SAL del futuro RAL in via di costituzione presso il 131° rgt. a. cor. “Centauro” in Vercelli per acquisire un’esperienza operativa e valutare le varie possibilità di impiego degli aerei leggeri per poi riprendere la mia attività di istruttore di volo. Sorvolando su particolari di ordine logistico vengo all’essenziale.

In data 8 maggio 1956 tre aerei L-21-B dell’Aviazione dell’Esercito con piloti Piroli Torelli, Fantoni e De Mari ed a bordo gli specialisti meccanici Guglielmi, Calì e Barone decollano dall’aerocampo di Bracciano con destinazione aeroporto di Vercelli – rotta: Bracciano, Firenze, Vercelli. Giunti sul cielo di Vercelli i tre aerei in formazione sorvolano la caserma del 131° rgt. a. cor. in località Billiemme per il saluto alla bandiera del reggimento e, rotta la formazione, si accingono ad atterrare all’aeroporto “Carlo del Prete” dove, schierati ai bordi della pista, si presentano con il saluto al comandante della divisione “Centauro” ed al comandante del reggimento, ricevendo un cordiale benvenuto. L’esperienza di tale periodo che terminò nell’agosto del 1958 ha prodotto due miei scritti riportati su due notiziari del C.A.A.L.E. – Ufficio Addestramento (N. 1 del 1959 e N. 2 del 1960).

Voglio ora narrare, perché di carattere eccezionale, un gravissimo inizio di incidente di volo accaduto a me il 25 luglio 1957 in prossimità dell’aeroporto di Vercelli di ritorno da una esercitazione di ricognizione in località Romagnano Sesia per ricerca di zone di schieramento a favore di un gruppo di a. cor. con a bordo un ufficiale del reggimento. Durante una virata di avvicinamento all’aeroporto, a circa mille piedi di quota, lo sgancio dal piano di appoggio dell’apparato radio con relativo alimentatore in uso presso le batterie di artiglieria, determinò lo spostamento del baricentro del velivolo. L’aereo L-21-B sigla I-EIYJ, entrò in vite piatta e, per il suo assetto, le superfici verticali ed orizzontali della coda del velivolo andarono “in ombra” non potendo tale superfici intercettare i filetti fluidi dell’aria e conseguentemente l’impossibilità per me di governarli avendo i comandi, cloche e pedali completamente inattivi. Con sangue freddo e rapidità di ricerca di una soluzione, mi venne subito in mente la relazione di un pilota dell’Aviazione dell’Esercito statunitense, riportata su un periodico sulla sicurezza del volo, uscito indenne da una situazione analoga. Avevo poco tempo a disposizione. Un po’ il ricordo della relazione letta a suo tempo ed un po’ il ragionamento da fare appigliandomi alla mia preparazione, decisi di tenere fermi i pedali alla stessa altezza per interrompere, nel caso dell’auspicabile ripresa, la rotazione del velivolo e, per tentativi, coordinare i giri del motore con l’azione della cloche, avanti e indietro, sul piano verticale. Dopo una forte vibrazione l’aereo interruppe la rotazione con la prua sotto l’orizzonte consentendomi così di riportare lentamente l’aereo stesso in linea di volo orizzontale e avvicinarmi all’aeroporto per iniziare le procedure di atterraggio. Possiamo catalogare questo mancato grave incidente nel pionierismo di una qualsiasi attività nel nascere e progredire per affermarsi, rispondendo a richieste di soluzioni operative con mezzi ed attrezzature in corso d’opera. Allora si pensò anche di studiare che, nel corso di esercitazioni con strisce di atterraggio – campi corti – inagibili dopo pioggia intensa, potrebbe essere necessario utilizzare modeste strade di campagna adiacenti alle strisce stesse, effettuando decolli ed atterraggi su due ruote – coda dell’aereo sollevata – per controllare, in tale assetto, la direzione del velivolo. Nel frattempo il Centro di addestramento di osservazione aerea per l’artiglieria (C.A.O.A.A.), trasferitosi a Viterbo su di un vero aeroporto, cambiò livello di organizzazione e divenne Centro addestramento aviazione leggera dell’esercito (C.A.A.L.E.). Alla notizia di questi cambiamenti pensai che la mia permanenza a Vercelli non sarebbe durata a lungo. Difatti il mio trasferimento al C.A.A.L.E., nel mese di agosto del 1958, avvenne con un sollecito mai visto. Ripresi quindi l’attività di istruttore di volo sull’aeroporto di Viterbo incontrando tanti amici istruttori e mi furono presentati quattro allievi del 12° corso P.O. con i quali iniziai a svolgere il programma di volo previsto per la loro formazione. Dopo il 12° corso, venne il turno del 14° corso. Durante lo svolgimento del programma per la formazione dei piloti, mi resi conto che la mia esperienza, acquisita presso un reparto operativo, avrebbe ampliato il complesso delle conoscenze da trasmettere agli allievi soprattutto nello “standard” sulla condotta del volo in assenza del quale poteva essere messa a rischio la sicurezza del volo stesso. Difatti si era constatato che l’addestramento al volo degli allievi piloti, anche se svolto in osservanza dei parametri fissati, spesso poteva subire una divaricazione da un comune “standard” a causa di una personalizzazione da parte degli stessi istruttori. Eravamo anche consapevoli che nei reparti di volo delle Unità dell’Esercito, per esigenze operative o per esigenze di reparto, spesso non potevano svolgersi con sufficiente frequenza missioni di addestramento al volo con conseguente rischio per la sicurezza. Pertanto l’allora comandante Francesco Muscarà costituì una sezione standardizzazione del volo dipendente dall’ufficio addestramento e studi del C.A.A.L.E. Per sintetizzare, tale sezione nacque sul finire del 1959 con capo sezione il maggiore Attilio Monti prima e successivamente il maggiore Mario Alvino. Per questa sezione furono scelti piloti e istruttori con determinati requisiti e per me fu un onore essere assegnato a tale sezione insieme agli amici istruttori Luigi Russo, Ciro Sorrentino, Enniosilio Zuccari e Ferruccio Lupetti. Tale sezione, con frequenti voli e discussioni approfondite, giunse alla stesura del testo ufficiale ed ebbe il compito di concorrere alla preparazione dei piloti da abilitare istruttori di volo, controllare annualmente lo “standard” di volo dei piloti in servizio presso i reparti di volo, concorrere all’effettuazione degli esami di volo, intermedi e finali, agli allievi piloti e svolgere azioni ed insegnamenti finalizzati alla sicurezza del volo. Fu questo per me il periodo più esaltante. Successivamente, dopo il conseguimento del brevetto di pilota di elicottero, periodi di comando di unità terrestri e corso ad Alghero per l’abilitazione al volo notturno e strumentale, fu per me un privilegio aver collaborato con il mai dimenticato Gennaro Piccolo nell’ufficio addestramento e studi e successivamente con Aldo Martinengo, amico e collega del 6° Corso P.O., quando questi assunse l’incarico di comandante in 2a del C.A.A.L.E.

Constatando ora che sono in atto corsi per il conseguimento del brevetto di piloti di aeroplano “BPA 70 – 15 – 01” a favore di piloti di elicottero per consentire a tali piloti l’impiego di aeromobili a pilotaggio remoto, vedo con simpatia affacciarsi all’orizzonte nuove ali per l’AVES emozionando i vecchi piloti che fecero il percorso inverso. Oggi, notando l’alto livello raggiunto dall’Aviazione dell’Esercito, mi sento orgoglioso di aver concorso a costruire piccole parti delle fondamenta di questo grande progetto che si chiama AVES.

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