7° Corso Piloti Osservatori

di Raffaele Alessio

MOMENTI

Prologo

Come si fa, tutte le volte, appena lette le prime pagine de “il Basco Azzurro” appena pervenuto, a non andare indietro nel tempo, a controllare l’emozione che, pian, piano, “leggendo il presente”, ti assale al ricordo del tuo passato di Pilota-Osservatore!?

Ti tornano in mente la comunicazione dell’ammissione al Corso, l’eccitazione della svolta che subirà la tua vita, i nuovi colleghi, il primo volo.

E via, via, ben impressi, rivivono – 60 anni dopo – i momenti più belli, ma anche quelli tristi, i momenti comici, ma anche quelli pericolosi e, perché no!, anche quelli…piccanti…

Come si fa? Va bene: “Silvia , rimembri ancor…”; va bene Proust e la sua “Recherce”, ma vuoi mettere la Tua!, di vita, i Tuoi!, di ricordi, con… l’ALE?! Ricordiamone qualcuno di quei Momenti

Momento 1. “L’annunciazione”

«Signor Tenente», mi fa il mio capo-officina, «l’aiutante maggiore L’ha cercata, La vuole il comandante».

Sono ufficiale addetto agli automezzi del battaglione “Piave” del comando settore forze lagunari, divenuto poi reggimento lagunari “Serenissima”…

Ragazzi, attenzione, siamo nel 1955, l’altro millennio!.

Sono appena rientrato da un servizio, e trovo abbastanza normale la chiamata.

Il comandante del battaglione – ten. col. Di Blasi – ufficiale d’altri tempi, ferito e decorato durante la guerra d’Abissinia – è un simpaticone, alla mano e con una grande passione per motori e mezzi cingolati.

“Ne avrà una delle solite”, penso. Mi dò una ripulita e mi presento all’aiutante maggiore, il capitano “parà” Olfi: che Dio l’abbia in gloria!

«Che c’è, signor capitano? Che vuole il comandante? »

«Vada, vada», mi fa, tra il serio e il faceto e, senza però che io non colga un suo strano modo di squadrarmi, m’indirizza verso la porta del comandante.

Busso, entro, sbatto i tacchi e: «Comandi , Signor Colonnello!»

«Comandi.., comandi,», m’investe, burbero: «Alessio, questa volta l’ha fatta grossa, a me, al battaglione, a tutti noi!» Casco dalle nuvole: “Cosa avrò combinato? Sarà ancora per l’incidente?”

Per la cronaca, dovete sapere che qualche mese prima, durante una lezione di “scuola guida” su mezzi cingolati, senza doppi comandi, il mio allievo perde il controllo del mezzo e trancia di netto un palo in cemento armato della corrente elettrica lasciando al buio un intero quartiere di Mestre… Ma torniamo a bomba.

«Non capisco, Signor Colonnello», azzardo : «Cosa avrei fatto di tanto grosso

«Ha fatto che se ne deve andare, che ci pianta in asso tutti, me, il battaglione, i suoi uomini!», prosegue guardandomi anche Lui di sottecchi, come aveva fatto prima il capitano Olfi: «Lei è trasferito!», conclude brusco. “Ecco“, mi dico, “avevo ragione, ci risiamo con quell’incidente: trasferito! E chissà dove! Eppure in quella circostanza proprio Lui mi aveva sostenuto e assolto. E allora?

Teso e con evidenti segni di sgomento sto per proseguire, quando: «Basta con gli scherzi!», fa, accorgendosi del mio disagio: «Stai tranquillo!», passa al “Tu”: «non avevi fatto una certa domanda? Ed io stesso non ti avevo dato, anche se a malincuore, ahime!, il “Nulla Osta”? Alessio! Congratulazioni, auguroni! Da tutti noi, da me e da tutto il “ Piave!” Sei stato ammesso al 7° corso piloti osservatori dell’Esercito!» “…No coment!”

Tutti i colleghi che prima e dopo di me hanno vissuto questa esperienza, anche loro ricorderanno…!

Per la precisione, mi era andata male col 6° corso per ritardo della domanda e mi ero messo l’anima in pace, dimenticando che “le vie del Signore sono infinite”.

Momento 2. Comincia l’avventura

Sono alla stazione di Mestre, direzione Roma-aeroporto dell’Urbe, per dare inizio alla nuova, grande avventura della mia vita.

In attesa del mio, sull’altro binario si arresta lentamente un treno proveniente da Udine-Pordenone-Treviso. Osservo la gente che comincia a scendere e…: “Ma quello non è un collega?” Mi sembra un volto conosciuto. Ma sì! Deve essere un mio “Cappellone” d’Accademia: vediamo un po’, Mi avvicino e sto per rivolgergli la parola quando quello a sua volta fa: «ciao, anziano, che ci fa qui?»

Di colpo, rimembro i tempi, e rincalcandomi sul cranio, appunto, il “Berretto di Anziano”, scherzosamente ribatto:

«Senta, Cappellone, io sono il tenente Alessio, del 4° corso, e sono in attesa del mio treno. Lei, invece, che sicuramente è uno sporco Cappellone, si presenti e mi dica piuttosto che ci fa Lei qui!».

«Sono Zeni, del 5°, e vado a Roma per un corso da P.O. , il 7°….»

Non mi dire…! ”.

Scoppiamo entrambi in una gran risata e ci facciamo un bell’abbraccio.

Nasce la più lunga amicizia della mia, della nostra vita: vero, Checco “a proposito! Oggi, 2015, come stai? E Nena? E figli? E nipoti?.

La storia con Franco Zeni (Checco d’ora in poi) non finisce qui, tutt’altro…:

Momento 3.   “De vita nova”

16 febbraio 1955.

“L/18, I – EILE , 08,34 – 08,58, 24’, atterraggi, 1: Battesimo del volo!”

Siamo a Roma: vita nuova! Non più provincialotti – Mestre, Palmanova del Friuli, – ma capital…isti…, in tutti i sensi: stipendio, mensa di servizio, viveri di conforto, indennità di volo!

Al mattino, “volare!”, la nostra passione, e… gratis! Che bellezza! Alla sera, scapoli…: che pacchia!

E così per 4 mesi. L’amicizia con Checco cresce, si consolida e spesso si condivide…:

Momento 4. “Vo…La…Re, oh…, oooh!”

Fine agosto 1955.

Gli ammessi ci ritroviamo a Bracciano, tappa fondamentale, in ogni senso, come vedrete, come piloti e come uomini.

Checco ed io siamo ormai divenuti una coppia di amici fraterni e indivisibile; infatti, dove credete che finiamo con l’alloggiare? In una camera della buona, affettuosa, cara donna Elvira – che Dio abbia in gloria anche Lei ! – anch’essa vedova ma, ma priva , ormai, di ogni attrattiva….

Inizia così un altro, nuovo, diverso, determinante momento: dentro o fuori…!

Al mattino, volo oppure aula; al pomeriggio, aula oppure volo; alla sera, specie nella buona stagione, “tutta vita”, anche se non proprio come a Roma, ma quasi. Anche perché Bracciano, località laziale nota per il suo bel lago, per il suo bellissimo castello “Odescalchi”; sede della scuola d’artiglieria dell’Esercito, sede dell’ALE e con bei dintorni – offriva a noi tenentini buone possibilità di svago. Senza dimenticare che Checco ed io “c’eravamo fatti” subito la macchina, ed eravamo molto “volatili” anche al …suolo.

Passano così i giorni, le settimane e le ore di volo si ammucchiano. Fra un “foglietto rosa” e l’altro, via, via, superiamo i “jek” delle 20 ore, quello delle 40 e quello delle 60. Per il sospirato brevetto ora c’è da superare il “grosso”: campi corti, atterraggi d’emergenza, volo tattico. Iniziamo dunque la parte più impegnativa del corso, quando ci ritroviamo nel bel mezzo di quel famoso inverno 55/56 in cui nevicò a tutto spiano bloccando ogni possibilità e attività di volo fino, mi sembra, ad aprile.

Non rimanendo che attendere il ritorno del bel tempo, aula, aula, aula! Ma per quanto tempo? Qualche settimana o forse qualche mese, visto l’andazzo della neve che continuava a cadere? Cosa fare nel frattempo senza annoiarsi?

 

Momento 5. “Carburatore al …Ghiaccio”

Finora tutti ricordi piacevoli; vediamone ora qualcuno meno piacevole.

Mi preparavo al “Test delle 40 ore” e mi addestravo “alla vite” nel cielo di Fregene.

Dopo qualche esercizio, nel riprendere quota, sento la manetta indurirsi. Noto il fatto, ma non più di tanto. Continuo gli esercizi e, nuovamente, superata una certa quota la manetta torna a fare resistenza.

Comincio a pormi qualche domanda ma, ancora da buon pivello, non approfondisco sulle possibili cause e, lungi da me ogni idea di quanto si stava verificando, riprendo.

Questa volta, però, il numero di giri del motore diventa, diciamo, carente e questa volta qualche pensierino più serio, leggasi “fifa,” comincia a insinuarsi nella mente. Prendo il coraggio a due mani e…. mi dò alla fuga verso Monte dell’Oro.

Sono preoccupato, il numero di giri non è incoraggiante e comincio a dubitare di farcela senza il totale governo del motore. Atterraggio di emergenza? Mi guardo attorno: il terreno non è favorevole e, poi, non se ne parla proprio: il grado di addestramento non era affatto adeguato.

Com’è, come non è, raggiungo il campo, alla svelta “m’infilo in finale” senza le procedure regolamentari e, finalmente, riprendo possesso …del sospirato suolo: meno male, era andata!

Segnalo l’accadimento ai meccanici e tranquillamente me ne vado.

In serata, a mensa, mi viene recapitato il “foglietto rosa” con la seguente motivazione: “Ritenendo di aver fatto ghiaccio al carburatore entrava in ciruito di atterraggio senza attenersi a quanto previsto…, bla…bla…bla…: capito!? Invece della medaglia per avere salvato caprone, me stesso e cavoli, l’aereo, mi prendo il cicchetto! Lui, però, il capo-fly, il buon maggiore Monti, aveva ragione, Lui!

Momento 6. Finalmente il brevetto

26 Luglio 1956!

Il colonnello Muscarà, fondatore e comandante dell’ALE, appunta sul mio petto l’aquilotto di pilota-osservatore dell’Esercito: “che sensazione! Che soddisfazione! Che momento!

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