1980 Una nuova attività per l’ALE: l’antincendio

di Marino Zampiglia

Il mese di aprile del 1980 fu un periodo di intenso lavoro; come preannunciato al mio arrivo dal comandante Santarelli, insieme al tenente Raffaele Corbia, dovetti interessarmi all’organizzazione dell’antincendio in Sardegna che, a partire dal 15 giugno, sarebbe diventata l’attività preminente del gruppo, insieme alle campagne di mantenimento, alle scuole di tiro e alle esercitazioni a Capo Teulada. L’attività dei mezzi aerei doveva essere gestita e diretta dal 21° gruppo squadroni, in cooperazione con l’assessorato alla difesa dell’ambiente della regione autonoma della Sardegna e il corpo forestale regionale. In un susseguirsi di riunioni con gli organismi della regione e con l’ispettorato dell’ALE, si misero le basi per l’organizzazione logistica e operativa dell’attività. Furono elaborate le direttive e le procedure per l’approccio al fuoco e furono sperimentati l’impiego dall’elicottero della benna antincendio chadwic, la dislocazione degli elicotteri nel territorio dell’Isola e le modalità di impiego degli aerei per la ricognizione.

Nella preparazione dell’antincendio, fu utile la documentazione preparata dai miei predecessori: oltre lo stesso Corbia, il maggiore Cipriani che avevano sperimentato l’impiego della benna dall’elicottero. Durante l’estate del 1979, infatti, furono tenuti in allerta due nostri velivoli che, dotati di benna, erano pronti a intervenire sugli incendi affiancandosi agli elicotteri delle ditte civili che fino a quel momento avevano svolto quel compito. Fu in occasione di quella sperimentazione che fu identificato il punto di prelevamento della corrente per l’apertura e la chiusura della benna. Si sfruttò la presa predisposta per l’utilizzo delle termocoperte, situata nella parte posteriore sinistra del cielo cabina. Il pulsante di apertura e chiusura della benna fu fissato con uno scatolato in lamierino sulla piantana.

Nelle quattro volte che i nostri elicotteri furono chiamati a intervenire, il meccanismo si dimostrò funzionale ed efficace. In quelle occasioni, ci si rese conto della necessità di un collegamento continuo tra l’elicottero e le squadre a terra della forestale. Il collegamento era necessario per coordinare i lanci di acqua e ritardante fatti dall’elicottero e l’intervento delle squadre a terra addette a circoscrivere le fiamme e bonificare il territorio.

Il problema fu risolto posizionando nei portadocumenti degli elicotteri e degli aerei, la stessa radio in uso nelle basi della forestale alimentata dalla corrente normalmente utilizzata per il funzionamento degli accendisigari posizionati sul pannello strumenti. Questo accorgimento permise di realizzare un efficace collegamento tra i velivoli e il personale a terra.

Eravamo finalmente pronti per quei compiti che avrebbero consentito al 21° gruppo squadroni ALE di diventare il precursore dell’attività antincendio svolta con gli elicotteri e che, in futuro, sarebbe stata presa a modello dalla nascente protezione civile italiana.

L’attività antincendio iniziò ufficialmente il 1° luglio del 1980. Con tromboni e gran casse, i media sardi, giornali e televisioni, contribuirono a dare importanza all’evento e a far ancor più conoscere il 21° Gruppo Squadroni alla popolazione dell’Isola.

Durante l’ultima settimana di giugno arrivarono i rinforzi, in uomini e mezzi, che avevamo “contrattato” durante le estenuanti riunioni a Roma presso l’ispettorato dell’ALE. Ci trovammo subito davanti a un problema non da poco: dove parcare gli elicotteri e gli aerei avuti in rinforzo. Eravamo passati da quattro AB 205 a dieci e da quattro L-19 a sei. La soluzione fu trovata nell’utilizzo che il comando di aeroporto ci concesse dell’antico e ormai abbandonato hangar Savigliano, quello che aveva visto gli albori dell’ALE in Sardegna quando, fu costituita la SAL e successivamente la SEUG.

Oltre agli elicotteri in supporto, arrivarono dal continente gruppi elettrogeni per la messa in moto, Sirmac Rampini per la protezione antincendio dei velivoli, autorifornitori e autotrasportatori di combustibile JP4.

Insieme ai mezzi, arrivò anche un cospicuo numero di piloti e specialisti che provvedemmo a dislocare sulle basi logistiche e operative che furono immediatamente attivate.

I piloti e gli specialisti, inviati dai reparti ALE del continente, erano comandati in Sardegna con una turnazione mensile ed erano nella posizione amministrativa di missione. Il personale esterno alloggiava negli alberghi del litorale cagliaritano al sud e della riviera del corallo al nord.

A partire dal primo anno di attività, furono costituite tre basi logistiche: Elmas, sede del comando di gruppo, come base principale in cui si svolgeva tutta l’attività organizzativa, logistica, di controllo e manutentiva; Alghero, dove fu inviato un nucleo di specialisti incaricato di provvedere alle ispezioni di funzionamento dei velivoli impiegati al nord; Abbasanta, utilizzata per parcare i due elicotteri che operavano al centro della Sardegna e come punto per il rifornimento di combustibile. Gli aeroporti di Alghero e di Elmas fungevano anche come base operativa degli aerei per la ricognizione antincendio.

L’assessorato alla difesa dell’ambiente aveva costituito quattro basi operative, una per provincia: per Cagliari, il vecchio aeroporto di Monserrato, per Oristano l’eliporto di Silì; per Nuoro, Farcana e per Sassari, il monte Limbara. Erano tutte caserme della forestale in cui era stata ricavata una piazzola di atterraggio per gli elicotteri che dotati di benna erano pronti al decollo per intervenire sugli incendi.

Alle 09.30 del 1 luglio 1980, eravamo tutti schierati sul piazzale di volo; davanti a ogni elicottero faceva bella mostra la benna Chadwich, un secchio capace di contenere 500 litri di acqua. Ai lati degli elicotteri, erano stati schierati i mezzi di supporto al suolo, comprese le autobotti della forestale e, a chiudere, obliqui allo schieramento, gli aerei da ricognizione. Davanti, tutto il personale dell’esercito e del corpo forestale regionale.

La cerimonia fu pomposa e ricca di interventi, da quello del comandante della regione militare, il generale Neri Loi, a quello del presidente della regione autonoma della Sardegna, per finire con l’assessore alla difesa dell’ambiente. La presenza di un gran numero di invitati delle più importanti testate giornalistiche regionali e continentali, e quella delle televisioni locali e della RAI, contribuì ad amplificare l’eco dell’evento. Alle 13.00, il dispositivo antincendio era in atto e pronto a operare.

Alle 14.00, l’aereo L-19 di stanza a Cagliari decollava con a bordo un sottufficiale del corpo forestale regionale per la prima missione di ricognizione antincendio, che prevedeva tre ore di volo sul territorio del sud Sardegna; un’ora più tardi veniva imitato dall’aereo dislocato in Alghero, che effettuava la stessa attività sulla parte nord dell’isola.

L’organizzazione antincendio messa in atto consisteva nel tenere sotto controllo il territorio con ricognizioni effettuate utilizzando gli aerei L-19 che dotati di un’autonomia di volo di oltre quattro ore, consentivano di monitorare la situazione nelle ore più calde della giornata. A bordo, oltre al pilota, prendeva posto un sottufficiale del corpo forestale regionale che in contatto con i centri operativi provinciali, comunicava in tempo reale la situazione degli incendi e in caso di attacco al fuoco, cooperava con gli elicotteri addetti allo spegnimento, indirizzandoli nei punti sensibili del territorio dove, a parere dei tecnici forestali, sarebbe stato più importante intervenire per evitare ulteriori danni al patrimonio boschivo della Sardegna.

Gli elicotteri, parcati nelle basi logistiche di Elmas, Alghero e Abbasanta, il mattino si dislocavano sulle basi operative.

L’attività si dimostrò subito impegnativa e intensa, già nel pomeriggio del primo giorno si alzarono in volo gli elicotteri di Farcana e Silì che, complessivamente, operarono sugli incendi per 05h e 15’ rovesciando sul fuoco 46 bennate.

A differenza degli aerei, la cui attività di ricognizione e osservazione, spesso, rendeva la missione alquanto noiosa e monotona, l’impiego degli elicotteri era complesso, pericoloso e variegato. All’insorgere dell’emergenza, avveniva l’immediato decollo dell’elicottero con a bordo, oltre all’equipaggio, anche una squadra forestale normalmente costituita da quattro uomini. Considerando che a bordo c’era anche la benna, sul velivolo si stava strettini e alquanto scomodi. Arrivati sull’incendio, doveva essere effettuata una ricognizione per un duplice motivo: identificare il luogo in cui far sbarcare la squadra forestale e stabilire come e dove attaccare le fiamme. Naturalmente, la ricognizione aveva anche uno scopo finalizzato alla sicurezza del volo: identificare eventuali ostacoli che avrebbero potuto creare difficoltà durante la successiva azione di spegnimento del fuoco. Una volta sbarcati i forestali, iniziava la ricerca dell’acqua nella speranza di trovare qualche vasca, un piccolo invaso, o un contenitore agricolo nelle vicinanze per accorciare i tempi tra un lancio e l’altro. L’elicottero atterrava e, dopo aver fissato la benna al gancio baricentrico, iniziava un andirivieni dal punto d’acqua all’incendio, sotto la direzione del responsabile della squadra forestale che, in collegamento radio, indicava il sistema migliore per l’attacco al fuoco. Pur in presenza di una disseminazione, sul territorio, di vasche piene di acqua all’uopo destinate, molte volte era veramente difficile trovare il prezioso liquido da rovesciare sulle fiamme; gli incendi partivano sempre là dove ce ne erano meno o dove risultavano vuote, o con alberi cresciuti nelle vicinanze che impedivano agli elicotteri di pescare l’acqua. In quei casi ci si doveva arrangiare in qualsiasi modo: in prossimità del mare era d’obbligo pescare in mare, altre volte negli invasi prodotti dalle numerosissime dighe sparse per l’isola e, qualche volta, a nostro rischio e pericolo per i danni che potevano essere causati dalle pale, nelle piscine delle ville. Nei punti in cui era proprio impossibile riempire la benna o la distanza dall’acqua non era pagante ai fini dello spegnimento dell’incendio, gli stessi forestali provvedevano a riempire la benna utilizzando l’acqua delle loro cisterne. Questo era un momento molto rischioso, in quanto era necessario mantenere l’elicottero stabile in volo stazionario, con sotto la benna e gli uomini che la riempivano e, a fianco, l’autobotte con le pale del rotore principale che ruotavano a meno di un metro dalla cabina.

Gli ottimi risultati raggiunti nel primo anno della campagna antincendio non solo permisero di continuare, negli anni successivi, la proficua cooperazione tra la regione autonoma della Sardegna, l’Esercito Italiano e il 21° gruppo squadroni ALE, ma con ulteriori perfezionamenti del dispositivo, si ampliò anche il numero di basi operative e di conseguenza il numero di elicotteri dislocati sul territorio, interessando anche i velivoli delle altre Forze Armate.

La regione autonoma della Sardegna, con il supporto tecnico del personale dell’Orsa Maggiore, realizzò nuove basi completamente autosufficienti e idonee ad assicurare tutta l’assistenza necessaria affinché l’elicottero potesse sostare anche la notte. Furono così costruiti dei veri e propri eliporti nei punti strategicamente sensibili del territorio: oltre alle basi del Limbara e di Farcana che, comunque, furono completamente rifatte e riposizionate, furono realizzate nuove basi a Fenosu, Anela, San Leonardo, San Cosimo, Villasalto e Marganai.

Tutte le basi erano state costruite con criteri aeronautici standard e permettevano di parcare gli elicotteri all’interno di un hangar; erano provviste di mezzi antincendio, di attrezzature per il rifornimento e la movimentazione a terra dei velivoli e di alloggi per il personale militare di guardia agli elicotteri.

Il grande vantaggio apportato dalla costruzione delle nuove basi fu quello di risparmiare una notevole quantità di ore di volo per il trasferimento: gli elicotteri non dovevano più spendere i canonici 40-60 minuti giornalieri del volo di trasferimento per raggiungere le basi operative e, durante l’attività sul fuoco, non dovevano “sprecare” altre ore di volo per recarsi a rifornire.

A partire dal 1981, il parco elicotteri fu implementato con altri due velivoli messi a disposizione dagli stari maggiori: un AB 212 della marina che fu schierato ad Anela e un HH3F dell’aeronautica di stanza a Elmas. Il dispositivo interforze fu in seguito sostituito da un nuovo apparato che utilizzò unicamente gli elicotteri dell’esercito. L’esperienza acquisita dagli equipaggi di volo dell’aviazione dell’esercito, nelle procedure di attacco alle fiamme, consentì l’utilizzo di un nuovo tipo di benna, la Bambi Bucket, attualmente in uso, capace di raddoppiare la quantità di acqua da lanciare sulle fiamme. La vecchia e poco flessibile Chadwich fu stivata nei magazzini.