Il 7° “Vega” consegna alla storia dell’AVES il 53° “Cassiopea”

di Ernesto Caioni

E’ cosa nota, e non temo smentite, se ribadisco che il comando di una unità resta per un Ufficiale un’esperienza esaltante, impegnativa, desiderata e al tempo stesso temuta. La progressione della sua carriera, infatti, vede i periodi di comando, assolti nei diversi gradi, giacere nel tempo come pietre miliari, come decisivi momenti di svolta e di crescita, come semplice e pragmatico segnale del tempo che passa. Ricordo chiaramente la tensione epidermica e vibrante, quando presi il comando del mio primo plotone, appena lasciata la Scuola di applicazione: giovani volontari, quasi coetanei, che mi guardavano critici, con grandi aspettative e in cerca di segnali inequivocabili che svelassero la mia preparazione, che giustificassero la mia presenza lì, davanti a loro, mentre cercavano di interpretare le mie parole e i miei gesti nel tentativo di sapere, con il giusto anticipo, se io fossi l’uomo giusto cui affidarsi e di cui fidarsi. Intanto col tempo si è cresciuti, e sono arrivato al comando del 53° gruppo Cassiopea. Privilegio unico, quello di comandare un Gruppo di volo su NH90 ed esperienza irripetibile quella di comandare il 53°. Come nel lontano 1995, all’assunzione del comando, si sono affollati indistinti il timore di deludere gli uomini e le donne che avrebbero aspettato il mio contributo di comandante, essenziale e determinante, e l’entusiasmo di poter indicare obiettivi sempre più ambiziosi, e condividere con loro i sacrifici per raggiungerli, e questo è forse l’aspetto più intimo e particolare del comando in sé. Il 53° è sempre stato un Gruppo giovane e decisamente dinamico, il primo ad essere transitato su NH90, abbandonando la vecchia linea multiruolo, ed è stato, per questo, solida e valida palestra per gli equipaggi NH90 proiettati in Afghanistan, così come lo era stato per gli equipaggi di AB412 in Iraq e nel primo periodo in ISAF. Due anni e mezzo, quindi, volati all’ombra dello Stendardo del 7° Vega, al comando dei grifoni del Cassiopea, in Italia e, onore unico, anche in Afghanistan. Professionisti di raro spessore, quelli del 53°, sinceramente entusiasti della loro missione e dallo spirito di sacrificio quasi imbarazzante, viste le difficoltà affrontate e i risultati ottenuti. Soddisfazioni irripetibili, momenti vissuti con intensità e genuina sinergia, che sono ora tra le esperienze più significative e profonde che, a buon titolo, annovero tra i pilastri più solidi alla base della mia esperienza di vita e della mia professione. Il mio periodo in testa al 53°, unico, così come per ogni comandante che abbia vissuto con trasporto il proprio incarico, è stato però oggettivamente singolare perché il mio comando si è concluso con la chiusura del mio gruppo. Momento difficile per tutti, per chi è stato sempre tra le fila del Cassiopea, e anche per chi, come me, ultimo arrivato, ha respirato la vitalità e la passione dei grifoni solo negli ultimi anni. Il gruppo, quindi, il 31 dicembre 2015 ha vissuto il suo ultimo giorno. Come cavalieri di altri tempi, in ginocchio, in profondo raccoglimento, chinando la testa, l’indomani siamo andati dove hanno bisogno di noi, senza voltare le spalle a cosa siamo stati, a cosa abbiamo fatto, in Italia e all’estero. Con noi portiamo chiaro e nitido il ricordo di chi, con il 53° sul braccio e nel cuore, ha fatto di un volo il suo ultimo volo, indicandoci la via del sacrificio, e dandoci, con l’esempio, la forza di fare bene quanto ci è chiesto ogni giorno. Il ricordo dell’equipaggio della missione Milan 63B, con il Capitano Marco Briganti, uomo del Cassiopea, resta tangibile e presente tra chi è stato del Gruppo. Per chi si trovasse a passare davanti l’hangar del 53°, invece, c’è un ulivo e una stele, all’ombra del tricolore, che guardano il piazzale di volo e ci ricordano di loro, uomini tra gli uomini, stimolo dal sapore solenne per noi che ancora, da questa parte, cerchiamo di far il nostro dovere fino in fondo. Ai gruppi che continuano a servire il glorioso Stendardo del 7° Vega, quindi, la mia preghiera di perpetuare, con semplicità e convinzione, il ricordo degli uomini che, tra le fila del 53°, hanno onorato il proprio giuramento fino all’estremo sacrificio. Come ultimo comandante, infine, nel ricordare tutti i miei predecessori, senza i quali nulla sarebbe stato possibile, resto custode, insieme ai grifoni di ogni tempo, dei ricordi e delle memorie più significative del glorioso 53° Cassiopea che testimoniano, sopra ogni cosa, l’indiscusso valore dei suoi uomini e delle sue donne.

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