1957 “Sul ghiacciaio della Marmolada con un Piper L 21B” di Giuseppe Gentile

Volgeva il termine del primo conflitto mondiale, allorquando comandi ed unità dell’Esercito, in specie delle specialità alpine, ravvisarono la necessità di poter contare – per operazioni militari in alta montagna, su neve o ghiaccio – sul concorso di mezzi aerei leggeri, idonei ed attrezzati allo scopo.

I primi tentativi – alcuni dei quali incredibilmente coronati da successo – risalgono al lontano 1921, ma senza uso di pattini. I risultati conseguiti non furono ritenuti soddisfacenti e, dopo i primi clamorosi successi, ogni ulteriore tentativo venne interrotto. Allora si disponeva ancora di velivoli pesanti per il particolare impiego e fors’anche non eccessivamente sicuri. Inoltre la tecnica allora adottata per decolli ed atterraggi non garantiva il successo, se non in particolari e favorevoli condizioni (ghiaccio pianeggiante, assenza di vento, pista ben contrassegnata).

Circa cinque lustri sono trascorsi da quel periodo per vedere il problema risolto soddisfacentemente.

Da un lato il merito va al progresso della tecnica costruttiva; dall’altro al coraggio ed all’intuito di un uomo della montagna, appassionato alpinista e temerario ma capace pilota. Ed oggi si contano a centinaia i piloti capaci di operare in alta montagna ed in zone artiche.

Limitiamoci al continente europeo, basterà citare l’intensa attività volativa – a carattere militare, commerciale e di soccorso alpino – svolta dalla Svizzera e dall’Austria. Anche l’Esercito francese ha dimostrato notevole interesse al particolare problema al punto da costituire in zona prossima ai nostri confini occidentali apposita scuola di specializzazione per aerei leggeri ed elicotteri destinati ad operare in alta montagna.

Ma anche l’Esercito italiano ha diretto i passi della sua Aviazione leggera verso la stessa meta. Sono infatti già molti gli ufficiali piloti-osservatori addestrati ad operare in alta montagna con l’impiego di Piper L 21B muniti di pattini tipo Federal a comando idraulico, con sistemazione tale da consentire allo stesso velivolo, ed a volontà del pilota, atterraggi e decolli su terreni normali, o su nevai e ghiacciai.

Progetti ed aspirazioni – lungamente maturati, vagliati e curati nei più minimi particolari – hanno trovato logico e naturale coronamento di una impresa compiuta e condotta felicemente a termine da un aereo della sezione aerei leggeri del comando brigata alpina “Tridentina”.

Il profondo silenzio e la maestosa solitudine del ghiacciaio della Marmolada sono stati violati da un minuscolo Piper che – forte delle sue prestazioni e dell’abilità dei suoi piloti – ha voluto adagiarsi con i suoi pattini, a quota 3000, sul candido manto di un piccolo tratto di ghiacciaio prescelto per la prova, tale da offrire medie difficoltà agli atterraggi ed ai decolli e da consentire nel contempo la dimostrazione delle prestazioni del mezzo e degli uomini.

Numerose ricognizioni aeree hanno preceduto la prova, al fine di studiare in diverse condizioni meteorologiche, le difficoltà opposte al volo nelle immediate vicinanze dell’imponente massiccio della Marmolada. Si voleva localizzare esattamente il tratto di ghiacciaio da sfruttare; stabilire la rotta d’avvicinamento; esaminare il comportamento del velivolo contro e sotto vento, od in presenza di raffiche o con calma di vento; controllare i margini di portanza dell’aereo e la loro durata dopo la richiamata per l’atterraggio.

I primi tentativi non furono coronati da felice esito: l’aereo entrava in stallo ad una velocità all’aria indicata di 60 miglia orarie, dopo 3 o 4 secondi dalla richiamata; il margine di potenza del motore in tale fase critica era irrilevante. Una più accurata messa a punto dell’alimentazione e dei magneti fruttò qualche miglioramento, ma non pari a quello sperato.

Ma ormai tutto era teso verso la volontà di riuscire; non restava che prendere una decisione: rinunciare all’uso dei “flaps” in avvicinamento e ricorrere al loro inserimento soltanto agli ultimi istanti. Continuarono così le prove in volo, effettuate a distanza di sicurezza dal ghiacciaio (300 metri), parallelamente ad esso ma alla stessa quota del tratto prescelto per l’atterraggio, fin quando i risultati furono ritenuti soddisfacenti.

Si doveva ora tentare la prova; nel frattempo proprio la Marmolada diveniva teatro di sciagure alpinistiche e l’attenzione commossa e preoccupata della gente di montagna si concentrava sulla bellissima ma infida vetta dolomitica. Ragione di più per portare a termine l’impresa, sino allora accuratamente, ma anche faticosamente preparata; motivo di più per offrire chiara ed indiscutibile dimostrazione delle possibilità dell’Aviazione leggera dell’Esercito anche nel settore del soccorso alpino.

E si giunse così alle prime luci dell’alba del 31 agosto del 1957; la prova avrebbe dovuto compiersi alle 8 del mattino, poiché a quell’ora le condizioni di instabilità delle condizioni atmosferiche – caratteristiche in montagna durante la stagione estiva – non avrebbero dovuto ostacolare l’impresa.

Ma sull’aeroporto di partenza, quello di Dobbiaco, la fitta coltre di nebbia formatasi nella notte non accennava a dissolversi. Finalmente il decollo; rotta verso il Cristallo, lungo la Val di Ladro, mentre su Cortina, la Marmolada si ergeva in tutta la sua imponenza.

Al di sopra dei 2000 metri l’azzurro sterminato e promettente di un cielo terso; dopo venti minuti di volo ecco il velivolo sulla verticale del rifugio Marmolada, mentre a terra il pigro muoversi del fumo verde dei segnali indicava la presenza di lieve vento di discesa.

Ed allora giù i pattini; oltre un chilometro di finale a quota costante ed a circa 70 miglia; mentre si compiva la fase più critica dell’atterraggio su ghiacciaio, ci tornavano alla mente le parole che Geiger ci ripeteva in analoghe situazioni durante il nostro addestramento in Svizzera. Le sentivamo quelle parole: “Attention messieurs; pas oublier l’altitude; septante miles; flaps; tout gas si non vous ètes….”.

Eravamo soli con la nostra esperienza; con il nostro coraggio; con la ferma volontà di riuscire!

Ci siamo riusciti, signor Geiger! Tutto è andato nel più perfetto dei modi.

Il docile velivolo si è posato lievemente sulla coltre di neve gelata; ha scivolato per circa 30 metri; ha ruotato di 90 gradi; si è fermato.

Qualche cosa era avvenuto per l’ancor giovane Aviazione leggera dell’Esercito.

Straordinario in tutto ciò non tanto la gioia dei presenti e la soddisfazione dei piloti, quanto il significativo sorriso dei vecchi alpini presenti.

Il loro misurato ma eloquente sorriso diceva che un vecchio, e forse allora pazzo, sogno di un tempo tanto lontano si era finalmente trasformato in realtà.

 

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